Soltanto pochi ingenui credono ancora che la politica venga limpidamente decisa dal popolo, attraverso la partecipazione democratica.
Il paradigma complottista crede – altrettanto ingenuamente – che ci sia una regia occulta, capace di dirigere le masse; un po’ come il pifferaio di Hamelin, che guidava i topi verso la morte, con la sua subdola musica incantata.
Terra, Earth; oppure terra, dirt. Il pianeta su cui viviamo, oppure una materia vile, sinonimo di sporco. L’inglese esplicita una dicotomia che noi manteniamo in un unico termine, pur esprimendola nei fatti.
Assieme all’amico Fabio Bortesi, sto lavorando a un libro sulle “bestie cattive” dei nostri boschi – orsi, lupi e serpenti, così come compaiono nelle leggende e nelle tradizioni antiche.
Il recente incidente in Trentino, in cui un ragazzo ha perso la vita in seguito a un’aggressione da parte di un orso, mi ha spinto a inserire nel testo una riflessione riguardo il rapporto fra questi aspetti culturali e le attuali criticità nel rapporto fra la presenza umana e quella dei grandi animali selvatici. È un testo ancora da rielaborare, e va concepito nel contesto più ampio del libro a cui stiamo lavorando; ma ho deciso di pubblicarne qui un’anteprima, sia per esprimere e dettagliare la mia idea al riguardo, sia per l’eventuale confronto con sensibilità diverse dalla mia.
Buona lettura, e grazie se vorrete dirmi che ne pensate.
Francesco
Georg Schrimpf – Spielende Bären (1923)
Fatalmente, una notizia di cronaca mi strappa dal mondo senza tempo delle usanze antiche, dei popoli lontani, e mi riporta in un presente dove la convivenza con la natura più selvaggia sembra richiedere compromessi impossibili. Leggi tutto “L’orso stregato”
Vedere meno per vedere meglio.
Quando ci si decide finalmente a comprare un paio nuovo di occhiali, dopo mesi e anni che si vedeva flusco, si resta disorientati. Troppi dettagli. Tutti quei piccoli segni, che prima restavano nascosti nella sfocatura generale, ora saltano fuori, parlano tutti assieme. Un accavallarsi che manda in confusione.
Non dura molto: ben presto l’occhio impara a ignorarli, la mente li cancella e torna a costruire un’immagine nuovamente chiara. Toglie, e così afferra.
Anche l’informazione, in questi anni, diventa vertigine, ridda parossistica di notizie grandi e piccole, che ci trascina ma non ci porta da nessuna parte. Tuttavia non ci si deve arrendere, per reazione, a un semplicismo arbitrario. Piuttosto, occorre riscoprire l’essenziale, che è grande e piccolo, epocale o di passaggio, ma non è mai vociare sovrapposto.
La certezza è un dente da latte nella bocca di un vecchio.
I nostri progetti pesano sul futuro. Il tempo cessa di scorrere, ora i giorni crollano l’uno sull’altro.
Non è più tempo di proclami, o grandi costruzioni. Ma chi si aggrappa alla disperazione affonda più velocemente: lo scoramento è un peso che avvolge nel catrame.
Dovremo costruire con la seta, ed orientarci coi riflessi; scoprire come fa l’idrometra a scivolare sull’abisso.
Sapere = parole. Un’equazione implicita, che accettiamo senza rifletterci. E’ come se, per esser veramente tale, il sapere debba poter essere ridotto in un codice, che chi riceve può poi ritrasformare in conoscenza, in maniera immediata e senza perdite significative di dati.Leggi tutto “Sapere oltre le parole”
(Dettaglio elaborato da un poster di Dmitry Moor, 1919)
1. Dobbiamo ammazzare il Drago, prima che il Drago muoia.
2. Il Drago sta morendo, da anni, ormai da secoli. Forse ha iniziato a decomporsi già da quando è nato.
3. I doni della Bestia sono i liquami della sua putrefazione. Un sangue nero in cui si cela un fuoco potentissimo.
Avvera i desideri, però avvelena l’aria, e l’acqua.
4. In cambio dei suoi doni, il Drago chiede noi in sacrificio. Non solamente le fanciulle, o i primogeniti; ogni respiro, ogni pensiero, dev’essergli votato. La generosità si paga in schiavitù.
5. Il più delle volte, chi cerca di sfuggire al Drago incorre in una brutta fine. Viene inseguito, e infine divorato. “È meglio non scappare”, ripete chi si arrende.
6. Chi rimane non lo sa, nè vuole saperlo; ma anch’egli viene divorato, e ciò che chiama “vita” è farsi digerire dal ventre della Bestia.
7. La schiavitù si soffre facilmente, quando il padrone è generoso. Ma il Drago è ormai giunto alla fine: la prodigalità si estingue, i suoi regali sanno solo di veleno. Eppure chiede ancora vittime, come mai prima d’ora.
8. “Se non lo nutri col tuo corpo, il Drago morirà di fame, e torneremo poveri, e indifesi”. Così ripetono i preti della Bestia, ma ormai non c’è rimedio, nè c’è mai stato.
9. Il Drago non è ammalato, è egli stesso malattia.
10. Se lo lasciassimo a sè stesso, morirebbe comunque; ma lo farebbe trascinandoci con sè, e condannando alla sua fine anche la terra, le piante e gli animali. Non resta che ucciderlo prima dell’ora, ma anche questa soluzione non sarà indolore.
11. Dove finisce il Drago, dov’è che inizia il nostro essere? Siamo sue vittime, o parti del suo corpo?
12. Dobbiamo ammazzare il drago, ma è una battaglia che ci si ritorce contro. La vinceremo solo a costo di ferite.